04.03.16
Verso il “salvataggio” delle gestioni di farmacie comunali.
È passato ora all’esame della Camera (dopo un soffertissimo sì del
Senato) il disegno di legge di conversione del d.l. n. 10/04, contenente
norme riguardanti “emergenze sanitarie” e altre urgenze inerenti alla
ricerca.
Ne riferiamo in questa sede perché nel testo approvato da “Palazzo Madama”,
come si sarà rilevato da alcune pubblicazioni di settore, ha trovato
improvvisamente posto (e, come detto, l’approvazione del Senato) una
disposizione che naturalmente ha ben poco a che fare con le altre norme del
decreto legge da convertire (e soprattutto con le finalità dichiarate del
provvedimento), e che però sottrae in un sol colpo alla scure della
sentenza della Corte Costituzionale n. 275 del 24/07/03 tutte le s.p.a
costituite per la gestione delle farmacie comunali con imprese di
distribuzione intermedia anteriormente alla decisione della
Corte.
Queste società, infatti, rischiano davvero grosso alla luce di quella
sentenza, perché, come si ricorderà, essa ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 8, I comma, lett. a), della L. 362/91, nella parte
in cui la norma non prevede che la partecipazione a società di
gestione di farmacie comunali è incompatibile con qualsiasi altra attività
nel settore della produzione, distribuzione, intermediazione ed
informazione scientifica del farmaco; cosicché, per le imprese di
distribuzione che partecipano a società di gestione di farmacie
comunali, il pericolo è ora quello di vedersi colpite anch’esse (sia pure,
ovviamente, ex nunc) dalla pronuncia della Corte, e di essere perciò
costrette a cedere la loro partecipazione.
Ma a questi loro problemi (che, beninteso, sono problemi
anche per i comuni che queste imprese hanno fatto “partecipare” alle s.p.a.
da essi costituite) pone brillantemente (si fa per dire) rimedio proprio
l’art. 3-bis del disegno di legge di conversione del d.l. n. 10/04, che,
infatti, fa espressamente “salvi gli effetti delle procedure contrattuali
concluse con l’aggiudicazione alla data di pubblicazione della sentenza
della Corte Costituzionale n. 275 del 24 luglio 2003″.
Per la verità, su questa disposizione di “sanatoria” (la … milionesima
“sanatoria” del nostro ordinamento!) si è assistito – già al Senato – ad un
ampio dibattito critico, ma alla fine la norma è passata lo stesso, e non
si vede quale “forza” possa davvero impedire che ora alla Camera avvenga
altrettanto, anche se, a quanto ci consta, la Federfarma sta facendo di
tutto per evitarlo.
E però, se non si può in principio contestare granchè la facoltà del
legislatore di incidere – nell’esercizio della sua potestà tipica, appunto
quella legislativa – sugli effetti di una pronuncia di
incostituzionalità della Corte (la quale, del resto, questo lo ha più volte
ammesso), moltissimi dubbi sono invece leciti con riguardo al giudizio a
quo, quello cioè che ha rimesso la questione alla Corte Costituzionale
(che, nel caso specifico, vedeva parti in causa dinanzi al TAR Lombardia,
da un lato, la s.p.a. costituita tra il Comune di Milano e la
multinazionale tedesca “Gehe” per la gestione delle 84 farmacie comunali
milanesi, e, dall’altro, la Federfarma), perché esso parrebbe ormai
insensibile anche all’intervento del legislatore e destinato invece ad
essere deciso soltanto alla luce della sentenza della Corte (la cui
efficacia, infatti, non può essere “sterilizzata” finanche all’interno del
giudizio che l’ha “promossa”, pena l’incostituzionalità della norma).
In sostanza, dunque, neppure questa “sanatoria”, che invece vorrebbe
evidentemente rivolgersi a tutte (senza se e senza ma
…) le società di gestione costituite prima della pronuncia della Corte,
sembra in grado di “salvare” veramente la s.p.a. milanese, pur se è
probabile, come accennato, che anche alla Camera la norma sia approvata
così com’è, e che si debba pertanto attendere un ulteriore intervento della
Corte che ne sancisca – sotto il profilo ora accennato –
l’incostituzionalità, ovvero – il che è lo stesso – la interpreti
nel senso di escludere dal suo ambito applicativo appunto il giudizio del
TAR lombardo.